"Eclissi del diritto civile" possono dirsi le impressioni dell'autore da un ideale viaggio nella materia, attraverso alcuni punti critici nei quali essa è andata svolgendosi ultimamente. Da iniziali spigolature, quasi schizzi tracciati a futura memoria, la trattazione si è articolata fino ad assumere le forme di un disegno unitario che nel titolo ha trovato espressione. Il diritto civile, cellula prima del diritto dei privati creato dai romani, nel secolo scorso è venuto rioscurandosi dopo la stagione gloriosa dell'Ottocento, nella quale la riduzione all'unità della sua fonte, il codice, sembrò averlo riportato a un agognato originario nitore. I tre capitoli dedicati a questo diritto civile diverso nel suo atteggiarsi fino ad apparire un nobile decaduto, con un prologo e un breve epilogo, intendono mostrare i luoghi nei quali si è prodotto il magma che ognora ci affatica: la Costituzione, grande madre prima negletta e ora abusata, la giurisprudenza, da osservante che era, diventata ansiosa di ruoli non suoi tra legislativo e il dottrinale, il diritto positivo europeo, rozzo e limitato, e un luogo d'elezione di straripamenti giurisprudenziali non incruenti. Senza limiti, ancora una volta. Perché il diritto, a dispetto di questa parola, come ars boni et aequi e come scientia iuris, non è mai stato lineare né senza ritorni: come la storia.