La formulazione dell'art. 2043 c.c., come quella di ogni proposizione giuridica, sia pure non senza eccezioni, richiama un rapporto logico di condizionalità tra un fatto ed un valore: l'atto illecito doloso o colposo, quale antecedente assiologico, del possibile - in concorso con l'elemento dell'ingiustizia- rimedio risarcitorio, effetto giuridico o valore condizionato dal verificarsi di un fatto. L'atto illecito, elemento centrale della proposizione temporale condizionante, una volta posto in essere - con la conseguente lesione di un interesse - prospetta alla comunità giuridica un'esigenza pratica cui deve darsi soddisfazione mediante la predisposizione di un apparato rimediale, che può sostanziarsi o nella prestazione risarcitoria, qualificata dalla modalità deontica del dovere, ove all'atto dannoso si accompagnino altri requisiti che completano la fattispecie della responsabilità, oppure in altre reazioni rimediali. Ed infatti, una indagine concernente i giudizi di responsabilità secondo il nostro diritto positivo consente di affermare che la risposta risarcitoria in alcuni casi prescinde dalla individuazione di un atto illecito, così come al verificarsi di questo non sempre trova applicazione una regola di responsabilità, confermandosi la necessità di una disamina che attribuisca nuovi spazi concettuali ed operativi alla categoria dell'atto illecito.