Questo volume raccoglie le lettere che Antonio Segni e tredici autorevoli studiosi di diritto si scambiarono durante il 1956 e poi dal 1962 al 1964 sui poteri e sui limiti del Presidente della Repubblica. Anche se era un giurista di formazione e aveva alle spalle una significativa esperienza di governo, Segni sentì l'esigenza di confrontarsi con alcuni dei massimi esponenti dell'élite giuridico-costituzionale italiana (Gaspare Ambrosini, Paolo Biscaretti di Ruffia, Giorgio Bo, Giuseppe Chiarelli, Vezio Crisafulli, Leopoldo Elia, Carlo Esposito, Giuseppe Guarino, Giuseppe Maranini, Aldo Moro, Costantino Mortati, Meuccio Ruini e Aldo Sandulli). Il Capo dello Stato riconosceva la complessità di alcuni problemi, che richiedevano l'analisi tecnica degli specialisti, e cercava di comprendere meglio la più alta carica della Repubblica, che gli appariva sfuggente ed enigmatica. Segni, però, voleva avere anche un supporto teorico-giuridico che garantisse alle sue scelte una sorta di copertura. Dietro il carteggio, infatti, si giocò una partita politica: la definizione del ruolo effettivo del Presidente della Repubblica in relazione all'attività governativa e alla determinazione dell'indirizzo politico del Paese.