I cibi preferiti e il cibo tout court, che per Eduardo fu sempre cosa sacra, creano la trama di un ricamo affettuoso intessuto di ricordi, di vita vissuta, di poesia. "Piatti umili, semplici, economici, quelli della cucina povera, senza pretese, ma ideati con fantasia e pazienza". Quelli appunto che piacevano a Eduardo, che facevano la loro comparsa in ogni sua commedia come pietanza cucinata o da cucinare, o come centro di "una tavola intorno a cui sedersi e compiere quel rito di comunicazione che sono o dovrebbero essere i pasti umani". Basti pensare alla storia d'amore di Rosa e Peppino Priore in Sabato, domenica e lunedì, il cui racconto inizia con la descrizione di un ragù, al sugo girato e rigirato in Uomo e galantuomo, al pranzo patetico di Natale in casa Cupiello, al rituale del caffè nel monologo di Pasquale in Questi fantasmi. "Molte pietanze descritte nei versi raccolti sotto il titolo Si cucine cumme vogli'i' appartengono alla cucina povera napoletana che Eduardo, ancora bambino, aveva appreso dalla nonna materna Concetta Termini in De Filippo, uno dei grandi amori della sua vita. Quando Luisa De Filippo, sua madre, seguiva la Compagnia Scarpetta, di cui era la sarta, in tournée, lasciava il figlio con la nonna, e durante quei mesi indimenticabili, Eduardo le stava sempre dietro, ascoltando le favole incantevoli e paurose che Concetta gli raccontava, e aiutandola con la borsa della spesa, o in cucina. A undici anni era già in grado di sbrigarsela tra i fornelli. In seguito diventò un cuoco eccezionale, elaborò diversi piatti squisiti e il suo ragù, la genovese, il sartù di riso, le sue lasagne divennero leggendarie tra gli amici. Le pietanze preferite però, restavano sempre quelle della nonna, umili ma cucinate con fantasia e abilità".