Una giovane eroina che deve salvare la sua famiglia e il suo mondo. Un eroe che deve ritrovare se stesso per aiutarla. La magia, il mistero, l'ambiguità, l'amore, ma anche il lavoro, il consumismo, lo sfruttamento. Le battaglie per crescere e quelle per tornare a sognare. È il 2001 quando Hayao Miyazaki porta al cinema "La città incantata". Un capolavoro. Il film affascina il pubblico, convince la critica, arriva a conquistare il premio Oscar come miglior film d'animazione e l'Orso d'Oro al Festival di Berlino. Il fantastico si fa strumento per rileggere e comprendere il reale. È il linguaggio a definire il visibile e l'invisibile. La parola può far esistere pure ciò che non c'è e non è mai stato. I nomi determinano l'essenza degli esseri viventi, inclusi quelli magici, di più perfino divini. Per la prima volta, una vera immersione nel mondo incantato del film, dalla sua progettazione fino ai significati nascosti, anche oscuri. Miyazaki non vuole donare sogni, ma insegna ai piccoli e ricorda ai grandi la capacità di sognare. Forse, il "dovere" di farlo, tenendo i piedi in terra per trasformare poi i desideri in progetto, le fantasie in realtà.