"Universo", "spazio", "cosmo"... le definizioni stesse che oggi abbiamo di questi concetti, rapportati ai nostri sensi e in continuo mutamento, vanificano immancabilmente ogni tentativo di appropriarsi adeguatamente della materia in oggetto. Com'è possibile confrontarsi con qualcosa che ha un diametro di 92 miliardi di anni luce ed è "nato" più o meno 13 miliardi di anni fa da un'inconcepibile esplosione progressiva, ancora oggi in fase di espansione? Tali grandezze sfuggono a ogni tentativo di reale comprensione della mente umana, che è costretta ad addomesticare, ridurre e comprimere una realtà altrimenti così "oltre" ogni parametro di umana consapevolezza da risultare alla fine illeggibile, estranea e aliena. A nostra disposizione abbiamo due soli strumenti per azzardare timide esplorazioni al di là della nostra realtà terrena: la scienza e la fantasia. Tali strumenti rappresentano una bussola utile per non perderci nel gran mare di soli che, dagli inizi dei tempi, ci attira così prepotentemente, quasi a vantare un misterioso e ineffabile legame pulsante con le stelle e il vuoto, un richiamo insistente da parte delle nebulose stellari che riempiono di meraviglia e terrore l'animo umano. In questo libro si evidenzia come l'uomo sia stato in grado (se poi lo è stato davvero) di "appropriarsi" del cosmo, dello spazio interstellare, dell'Universo infinito attraverso il mito, le visioni prescientifiche, l'arte, la scienza, l'esplorazione spaziale, la narrativa, l'illustrazione, il cinema e l'arte. Tentare di comprendere lo spazio è forse il più alto momento di gloria concesso all'essere umano, e le insondabili distese cosmiche sono il definitivo attrattore del nostro pensiero.