Il radiodramma in Italia si impone con forza nel secondo dopoguerra, quando finalmente può affrancarsi dai condizionamenti del Ventennio. La sua stagione migliore, in termini di qualità artistica, comincia però, nonostante la concorrenza della televisione, a cavallo degli anni Sessanta grazie a decisive innovazioni tecniche e all'affermarsi di una generazione emergente di registi nati dentro la radio o intercettati dai fermenti del Nuovo teatro (Camilleri, Bandini, Pressburger, Rossi, Quartucci, Bene, Scabia). Come uno specchio sonoro, il radiodramma italiano ha raccontato in maniera originale, tra il 1960 e il 1975, un paese in rapido cambiamento (il mondo del lavoro, l'immigrazione interna, il miracolo economico) esplorando nello stesso momento la sua storia pregressa. Il volume - avvalendosi per la prima volta delle registrazioni e dei copioni conservati negli archivi della RAI - ripercorre le vicende di autori come Anton, Quartucci, Valdarnini, Squarzina, Rocca, ma anche le incursioni radiofoniche di celebri prosatori del nostro secondo Novecento: dai racconti di fantascienza scritti appositamente per la radio da Arpino, Wilcock e Landolfi ai contributi graffianti e satirici di Levi, Bianciardi e Vaime, fino alle acrobazie drammaturgiche di Malerba e Manganelli. È un affresco composito e ricchissimo del periodo precedente la riforma della RAI del 1975, che ridimensionerà in modo drastico le risorse destinate alla produzione radiofonica.