Un giovane ateo e un anziano clochard intraprendono un viaggio da Parigi a Santiago di Compostela lungo il tragitto percorso, per secoli, dai pellegrini che vanno a pregare sulla presunta tomba dell'apostolo Giacomo. Il loro viaggio nello spazio è anche un viaggio nel tempo e nella storia del cristianesimo, con le sue dottrine, i suoi dogmi, le sue eresie, i suoi crimini. Sfilano così, fuori da ogni logica temporale e tutto sommato fuori da ogni logica in senso assoluto, Gesù e Satana, la Madonna e i dottori della Chiesa, il vescovo eretico Priscilliano e il marchese de Sade. E se quest'ultimo predica l'inesistenza di Dio («Un fantasma creato dalla malvagità degli uomini»), c'è anche chi alla fede pensa come estremo paradosso («Il mio odio per la scienza e il mio orrore per la tecnologia finiranno per farmi arrivare all'assurda credenza in Dio»). Intanto vediamo giansenisti e gesuiti che si sfidano a duello, candide bambine che lanciano anatemi, camerieri e poliziotti che disquisiscono di teologia, la Morte vestita da hippie, un papa fucilato da guerriglieri anarchici, mentre Gesù cerca invano di tagliarsi la barba e ridà la vista a ciechi che continuano però a non vedere. Buhuel osserva dall'alto e ci offre un film non soltanto beffardo ma comico in senso stretto, quasi alla Mack Sennett o alla Buster Keaton. Poiché tuttavia racconta non soltanto di credenze popolari ma anche di personaggi realmente esistiti, spesso perseguitati e uccisi per le proprie idee (o piuttosto per quelle degli altri, direbbe Sade), "La via lattea" resta in primo luogo un film sulla follia della religione e sulla violenza del Potere. In questo senso è uno dei grandi film del '68, ateo e anarchico, violentemente anti-sistema, e sembra urlare a preti, teologi e filosofi non solo cristiani: «Una risata vi seppellirà».