Nel 1968 Francois Truffaut è consapevole di essere al termine di un ciclo. I suoi film precedenti, "Fahrenheit 451" e "La sposa in nero", gli hanno lasciato un senso d'incompiutezza. Sente dunque la necessità di ritornare al cinema che il Truffaut critico aveva difeso a suo tempo, quello di Renoir ad esempio. Ma ha voglia soprattutto di ritrovare Jean-Pierre Léaud e il personaggio da lui interpretato, Antoine Doinel, una sorta di suo atter ego. "Baci rubati", piccola cronistoria di vita quotidiana e sentimentale, viene realizzato in un contesto particolare, in pieno "affaire Langlois". Truffaut assume il comando del movimento per la difesa della Cinémathèque e del suo fondatore/animatore, ma non esiterà ad affermare che proprio questo è il suo film «più sereno». Con i suoi toni brillanti, la sua varietà di personaggi gustosi e la lieve malinconia della canzone di Trenet che lo incornicia, "Baci rubati" è una commedia di educazione sentimentale «infarcita di tutto quel genere di cose legate al tema che Balzac definisce "un début dans la vie"», un ingresso nella vita.