C'è una storia dentro la storia di "C'era una volta in America". Raccontare i diciotto anni che Sergio Leone impiegò a realizzare il suo film significa scrivere il grande romanzo di un artista, di un'ossessione, di un Paese intero. Altro che gangster movie: "C'era una volta in America" è un'opera-mondo, un'epica moderna, o postmoderna, l'unica possibile. Lo sa bene Piero Negri Scaglione che quando lo vide per la prima volta, nel 1984, non aveva nemmeno vent'anni e gli sembrò che quel film ambientato in un tempo e uno spazio lontani raccontasse meglio di mille altri una generazione, un'epoca, forse un'ossessione. Ossessione-passione che divenne la sua: per anni Negri Scaglione ha indagato le vicende che portarono alla realizzazione del film, è andato a cercare e intervistare i protagonisti di quella storia o anche chi l'ha soltanto sfiorata in un piccolo ruolo, i produttori, gli sceneggiatori, gli attori. Ne viene fuori il ritratto epico di un personaggio larger than life, e di un film che, dettaglio dopo dettaglio, aneddoto dopo aneddoto, diventa spaccato di un'epoca e di un Paese, il nostro.