È possibile etichettare il cinema compreso tra gli anni Venti e gli anni Quaranta come cinema di regime tout court? È un interrogativo di non facile risposta. In quegli anni, infatti, troviamo un cinema insospettabilmente vario: accanto a pellicole perfettamente funzionali all'enfatizzazione mediatica di un uomo e della sua volontà di plasmare codici e modelli comportamentali, troviamo i narcotizzanti sogni dei telefoni bianchi e le fughe letterarie del calligrafismo. Nel grande affresco ideologico che avrebbe dovuto mostrarsi compatto e senza sbavature, si insinuarono inoltre fermenti e sollecitazioni nuove e vivificanti specie nella fase propriamente bellica. La tentazione sempre più forte del vero e il bisogno di soffermare la macchina da presa sull'interiorità e sulle disillusioni dei personaggi spostarono progressivamente gli interessi dei registi su un piano diverso, innestandovi i primi segnali per una rinascita etica, formale, stilistica e ideologica ormai del tutto scollata da un regime in evidente caduta libera.