L'estate si avvicina ma #PDESocialClub non demorde: giovedì 22 giugno alle 18.00 ai nostri microfoni avremo Andrea Cortellessa, critico letterario e storico della letteratura, ma, soprattutto per quel che ci riguarda, curatore di Emigrazioni oniriche, nuova e freschissima puntata dell'intenso programma di pubblicazione delle opere di Giorgio Manganelli targata Adelphi.
Come sempre, la conversazione verrà messa on line sulle pagine Facebook, Instagram, Linkedin e YouTube di PDE, di Adelphi e delle librerie che vorranno condividere a loro volta col proprio pubblico.
Se le ultime uscite manganelliane hanno riguardato la sua attività di recensore, saggista ed estensore di note editoriali in ambito letterario, Emigrazioni oniriche ci porta nei territori dell'arte, che Manganelli frequenta, a suo dire, da non specialista svagato ed eccentrico per tutta la durata della sua carriera letterario giornalistica.
Il libro raccoglie saggi, introduzioni a volumi e cataloghi, articoli giornalistici e recensioni di libri e mostre dal Messaggero a Repubblica, dall' Europeo all'Espresso, dal Corriere della Sera a FMR, la rivista di Franco Maria Ricci che lo vide assiduo collaboratore, su un arco temporale che va dal 1965 dei due omaggi agli amici Gastone Novelli e Gianfranco Baruchello fino al gennaio del 1990 con la recensione al libro di Matthi Forrer su Hokusai, scritto a quattro mesi dalla morte, avvenuta il 28 maggio dello stesso anno.
Non ci si deve aspettare nessun canone, nessuna scala di valori consolidata nella scelta degli argomenti. Manganelli affronta con lo stesso piglio, di arguto e dottissimo dilettante, il Pontormo e il Bernini, le sedie Thonet e le statuette ornamentali che fregiano il muso delle automobili di lusso (?polene di terra? le chiama il Manga), Emil Nolde e Lucio Fontana, gli ex-voto - in uno dei testi più lunghi della raccolta, che in origine apriva un celebre volume di Franco Maria Ricci - e l'architettura spontanea, i ritratti sulle mummie del Fayyum e persino il meglio della satira italiana tra Pericoli e Staino, Altan e Forattini. E intanto trova modo di discutere della fotografia secondo Roland Barthes, delle inquietanti virtù degli specchi, del museo come lager, prigione, cimitero.
In fondo, quella che interessa Manganelli non è né la storia né una possibile critica dell'arte, ma un'antropologia dell'immagine, l'uso che l'umanità ha fatto delle immagini nel suo quotidiano, drammatico e ovviamente inevitabile confronto con la morte, la sparizione di sé dal mondo. E in ognuno di questi articoli e di questi saggi brilla della sua inconfondibile luce nera la straordinaria verve stilistica dell'autore di Hilarotragoedia e di Centuria. Ma la miglior guida ai labirinti dello stile e del pensiero manganelliano, alla quale prontamente inviamo il lettore, è il denso saggio di Andrea Cortellessa che chiude il libro: ?Violenza immobile?, che sarà la base della nostra conversazione di giovedì prossimo.