Un incontro inaspettato attraverso i secoli tra lo scrittore per eccellenza, il Sommo Poeta, padre della lingua italiana e un regista e sceneggiatore di culto: Dante Alighieri visto con gli occhi di Pupi Avati.
Per raccontarne la vita, però, Avati si affida allo sguardo di un altro simbolo della letteratura italiana, Giovanni Boccaccio, che intraprende un viaggio alla ricerca della figlia di Dante, divenuta monaca con il nome di suor Beatrice, e consegnarle un risarcimento in denaro per l'esilio ingiustamente subito da suo padre.
È questa la premessa di L’alta fantasia, romanzo di Pupi Avati pubblicato da Solferino, che oggi diventa un film scritto e diretto, naturalmente, dallo stesso autore. Si intitola, semplicemente, Dante, vede Sergio Castellitto vestire i panni di Boccaccio e arriva nei nostri cinema grazie a 01 Distribution dal 28 settembre.
«A farmi intravedere la possibilità di raccontare quell'essere umano ineffabile che è stato l'Alighieri è stata la scoperta della missione di Giovanni Boccaccio nel 1350: quella di portare a Ravenna, alla figlia di Dante, una borsa di dieci fiorini per risarcirla del tanto male che i fiorentini avevano fatto a suo padre» racconta Avati.
Quello di Pupi Avati è quindi un viaggio alla scoperta di Dante, che in realtà dura da decenni: «La gran parte della mia narrazione la debbo quindi allo stesso Boccaccio che di Dante fu biografo e appassionato divulgatore. Il resto è invece frutto di congetture e suggestioni che mi provengono da un ventennio di disparate letture, in una continua consultazione degli esimi dantisti citati in esergo».
Dante e L’alta Fantasia, il romanzo e film, nascono dunque da un interesse personale del regista verso la vicenda umana di Dante Alighieri, di cui le opere sono espressione. È nelle opere, attraverso la figura pubblica del Dante poeta, che Avati prova a rintracciare frammenti del Dante uomo.
Il regista e scrittore, infatti, racconta di aver letto la Vita Nuova ed essersi riconosciuto «nella gran parte delle emozioni di quel giovane remoto» e di aver trovato la «conferma di quanto il dolore promuova l'essere umano a una più alta conoscenza».
Nello scegliere di raccontare questa storia attraverso gli occhi di un altro grande autore, e non in modo diretto, ma attraverso quella che sembra a tutti gli effetti una quête medievale, dai tratti avventurosi e picareschi, Avati riesce a restituire lo stesso senso di ricerca che lo ha accompagnato nella realizzazione di questo progetto di largo respiro, che si sviluppa su due mezzi espressivi, film e libro, che dialogano tra loro ed espandono gli orizzonti.
Trovate Dante nelle sale italiane, mentre L’alta Fantasia vi aspetta in libreria.