Di Henri Cartier-Bresson sappiano tantissimo, quasi tutto. È stato e forse è tuttora il fotografo più famoso della storia, artista e giornalista insieme, nato amico e sodale dei surrealisti per poi inventare di fatto il fotogiornalismo, tanto da meritarsi l'appellativo di ?occhio del secolo?.
Meno nota forse è l'importanza della sua relazione con il nostro Paese, al centro della mostra ?Henri Cartier-Bresson e l'Italia?, che si tiene a Rovigo, presso Palazzo Roverella fino al 26 gennaio 2925. Curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini e realizzata, come il catalogo, da Dario Cimorelli Editore insieme a Camera Centro italiano per la fotografia e Fondation Henri Cartier-Bresson.
In compagnia di Leonor Fini, grande pittrice, e del di lei luciferino marito, lo scrittore surrealista André Pieyre de Mandiargues, Cartier-Bresson frequenta la penisola in numerose occasioni di decennio in decennio, dal 1932 al 1973, percorrendola tutta, da Nord a Sud, scattando tutto quel che vede, dalla vita urbana al mondo contadino - fondamentali le ?campagne? in Basilicata - dai ritratti di artisti e intellettuali ai volti del popolo, dal sorgere di una modernità fatta di consumi crescenti e ingorghi automobilistici alle lotte operaie e studentesche di '68 e dintorni.
E questa instancabile attività, questo profondo amore per l'Italia e i suoi abitanti si esplica in una produzione di immagini che riesce, ed è la cifra di Cartier-Bresson, a tenere insieme le ragioni dell'arte, di una sensibilità nata negli atelier di pittura e quella del racconto del reale, del nascente fotogiornalismo.
Siamo andati a vedere la mostra e con l'occasione abbiamo intervistato Walter Guadagnini, curatore della mostra e direttore artistico di Camera Centro italiano per la fotografia. Qui sotto abbiamo caricato il servizio in video che ne è nato. Ma la cosa migliore è prendersi un fine settimana e andare a Rovigo. O, anzi e/o comprare il catalogo edito da Cimorelli e inoltrarsi in una Italia che non c'è più ma che riconosciamo a ogni scatto.