È sempre stato arduo, per uno storico, tracciare i contorni di un personaggio come Maria Antonietta d'Austria. La sua vicenda, infatti, usando le parole di Stefan Zweig, è quella di una «donna comune, non troppo intelligente, non troppo stolta, né fuoco né ghiaccio, senza energie speciali per il bene e senza la minima volontà al male; la donna media di ieri, di oggi e di domani, senza tendenze e genialità eccezionali, senza volontà di eroismi e perciò apparentemente inadatta a divenire oggetto di una tragedia», che «nella suprema sua ora, raggiunge finalmente tragiche proporzioni e si fa grande al pari del suo destino». In mezzo a una quantità innumerevole di documenti, mistificazioni rivoluzionarie e agiografie monarchiche, è il grande scrittore e drammaturgo austriaco a riuscire a fare emergere la vita incalzante di una regina suo malgrado resa grande dagli eventi della storia, restituendo la frivolezza, l'irrequietezza, il dolore e la fermezza di una ragazza del Settecento diventata donna a Versailles e travolta dai venti impetuosi della Rivoluzione.