Non è un saggio di biologia e neppure una raccolta di aforismi ma una confessione sincera, un'autobiografia spirituale di un illustre scienziato che qui scende dalla cattedra per scrivere, come ha detto François Mauriac, "un grande libro". «L'accademico francese Jean Rostand, figlio del drammaturgo Edmond Rostand e della poetessa Rosemonde Gérard, si dichiarava materialista, ma confessava la sua disperazione di fronte al vuoto interiore provocato dall'ateismo. Con onestà intellettuale, ammetteva che "il più grande omaggio all'ignoto si ha quando il materialista, per caso, incomincia a dubitare del nulla" e che "non sono abbastanza insensato per essere completamente sicuro delle mie certezze". In definitiva, sperava di cuore che il suo pessimismo cosmico fosse smentito: "Aspiro ad imbattermi nell'avvenimento che mi faccia riesaminare la mia filosofia dell'universo" gettando "un non so che d'imprevisto nel cosmo gelato della ragione". In conclusione, possiamo asserire che Rostand fu personaggio intellettualmente assai libero ma ricco di contraddizioni, a volte feconde, che lo rendono interessante e degno di attenzione ancora oggi...» (dall'Introduzione di Giovanni Monastra)