Il volume ripercorre l'itinerario giuspenalistico di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento allo studio sulla recidiva che avrebbe dovuto costituire il primo passo della carriera accademica fortemente incoraggiata dal maestro liberale Alessandro Stoppato e da Luigi Lucchini. All'inizio del Novecento, un periodo caratterizzato dal riformismo penale e dall'avvicinamento di stampo eclettico tra la scuola classica e la scuola positiva, il giovane Matteotti cerca di coniugare il profilo etico del magistero penale con la criminologia, riportando la recidiva nell'alveo giuridico. Il profilo criminologico della temibilità sociale, tratteggiato nel confronto con la dottrina europea, non è fondato su classificazioni antropologiche, ma sulla fondamentale distinzione tra primari, che normalmente non ricadono nel reato, e i recidivi considerati incorreggibili. Emerge un programma di giustizia criminale con un'articolata graduazione del regime punitivo, intorno alla legalità della valutazione della persona. Il libro intende così recuperare il significato autentico del contributo alla scienza penalistica di Giacomo Matteotti, per troppo tempo marginalizzato dal peso del martirio, e allo stesso tempo offrire una riflessione sul diritto penale di inizio Novecento con molte domande ancora oggi in cerca di una risposta.