La nostalgia è un sentimento viscerale. Prima di toccare l'animo, ti prende il corpo. È come un mancamento: a volte basta una parola, il nome di un luogo che hai sentito proferire tante volte da tuo padre. Questo è il sentimento che pervade il racconto di Nevia Mitton che, sul filo complesso e misterioso della memoria, talvolta in toni drammatici e in altri più teneri, narra la sua vicenda di profuga istriana, dall'abbandono del borgo natio alla permanenza nei campi profughi. Incrociando vicende famigliari e storiche, evoca i momenti difficili vissuti in Istria e l'esodo dalla terra amata ormai non più italiana. Per i poveri esuli il piccolo borgo diventa il pensiero primo delle loro esistenze. L'Autrice conclude la narrazione ricordando chi ancora oggi subisce il suo stesso destino. Qui sovvengono le parole del grande Esule fiorentino: «Come legno sanza vela e sanza governo portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade».