Nata nel 2009 nella baia di San Francisco, Uber è tra le aziende che meglio hanno incarnato l'economia degli anni Dieci di questo XXI secolo. Leggera, multiforme, tentacolare, vicina, ha presto superato oceani e continenti per imporsi su scala globale nelle abitudini di decine di milioni di persone in cerca di un mezzo veloce ed economico per spostarsi da A a B. Ma Uber non è solo una multinazionale di successo installata negli smartphone o un servizio di taxi alternativo: è un universo polverizzato in migliaia di meteoriti in movimento, a bordo dei quali s'innesca una reazione chimica sempre diversa tra autista e passeggero. Le macchine esibiscono sui cruscotti tracce delle biografie più disparate - di chi ha cominciato a fare quel lavoro per gioco, per necessità, per trovare un diversivo o per imboccare una via di fuga - e al di qua dei finestrini vanno a comporsi imprevedibili diorami umani: incontri ravvicinati tra sconosciuti da cui trapelano storie, verità, imposture. Queste "Voci da Uber" - frutto di un esperimento condotto in prima persona da Maria Anna Mariani a Chicago, dove vive - ci lasciano origliare le imponderabili confessioni che circolano da una parte all'altra dei sedili mentre la strada scorre; e intanto, tracciando di volta in volta un piccolo segmento di una mappa sconfinata, rilevano anche i contorni porosi e spesso sorprendenti della nostra vita insieme.