Cos'è un carcere? Com'è la vita al suo interno? Se lo domandassimo a lui, potrebbe rispondere: «rammendo le vite slabbrate di chi ha varcato il limite della legalità e potrei fregiarmi del titolo di rammendificio collocato ai margini di una città che cerca di scordarsi della mia esistenza per non farsi lambire dall'ombra minacciosa che proietto». Attraverso un dialogo epistolare tra una formatrice e un'insegnante della scuola carceraria, questo libro affronta interrogativi esistenziali quali il dolore, la rabbia, il significato del male, mostrando come, grazie alla pratica della scrittura, essi possano farsi resistenza, esame di coscienza, progetto di una vita diversa. Le lettere percorrono un anno scolastico e contribuiscono a tratteggiare alcuni personaggi e i loro stati d'animo, facendo conoscere diversi profili di persone detenute e aiutando a superare gli stereotipi di tutti, quando si parla di carcere e di chi vi è recluso. Le lettere, indirizzate anche a persone che a diverso titolo entrano in questa istituzione, esprimono l'auspicio che una concezione della pena rieducativa piuttosto che solamente retributiva possa rendere più umana la vita detenuta.