Nel 1975 Stanislaw Lem, ormai autore di fama internazionale e instancabile creatore di mondi, diede alle stampe un libro inaspettato: la storia di come si fosse formato il suo personale mondo, ovvero la rievocazione della sua giovinezza a Leopoli, allora città in grande fermento, nell'epoca tra le due guerre mondiali. Godibilissimo, pieno di fini intuizioni psicologiche sulla mente infantile, di sottile umorismo e soprattutto di una schietta sincerità - «non so se è già completamente chiaro che ero un tiranno... un mostro» -, questo memoir ci racconta di anni passati a divorare libri e dolci, a schiantare giocattoli e comunicare con gli oggetti domestici, a rifugiarsi tra le rovine del Castello alto, vicino al ginnasio, durante le ore libere dalle lezioni, ma anche a subire assurde esercitazioni militari. Soprattutto, Lem in queste pagine ci offre un "ritratto dell'artista da giovane": un ragazzino spesso solo, dotato di un'immaginazione, una curiosità e una capacità di sognare fuori del comune. Ma "Il Castello alto" è anche una profonda riflessione sui temi della memoria, dell'innocenza e della creazione artistica: un tassello fondamentale per comprendere la vocazione letteraria dello scrittore e conoscere il tempo e il luogo in cui è nata.