Julius Evola scopre, interpreta e racconta Ernst Jünger, testimone dello scorso secolo. Due giganti del Novecento che sembrano appartenere ad un medesimo disegno dello spirito, complici di quella tensione verso l'alto che si manifesta nel sodalizio ideale delle intelligenze scomode e non allineate. Un viaggio inedito nell'opera jungheriana, capace di alimentare suggestioni ancora attualissime attraverso un'attenta analisi dei suoi capolavori: Nelle Tempeste d'acciaio (1920), L'Operaio (1932) e Il Trattato del Ribelle (1951). Un viaggio che ci racconta lo Jünger soldato, operaio ed anarca, restituendoci anche elementi importanti del pensiero evoliano: dal "realismo eroico" alla volontà di affrontare la pace con un clima interiore da guerra, dal concetto di élites posto su di un piano esistenziale e non solo economico-intellettuale alla differenza fra libertà da e libertà per qualcosa, dalla dicotomia Ordine-Partito alla fortunata formula del veleno che si trasforma in farmaco. Temi antichi, che entrano nella rielaborazione evoliana attraverso una influenza metafisica e tradizionale che richiama grandi mobilitazioni, percorsi verticali e prospettive più ampie. Un testo affatto superato, che trasmette l'eredità preziosa di un'essenzialità perduta, sullo sfondo di un'epoca che ha smarrito i riferimenti dello spazio del tempo sotto i colpi della prassi digitale e dall'evanescenza finanziaria, attestando la trasformazione delle Nazioni in spazi lisci, del lavoratore in capitale umano, dei popoli in big data e delle azioni in operazioni. Pagine dedicate ai Ribelli che segnano il proprio passaggio al bosco attraverso la scelta consapevole di mantenersi in piedi. Hic et nunc.