Attraverso l'esperienza del colore, Hugo von Hofmannsthal nelle Lettere del ritorno del 1907 compie il suo più spericolato esperimento di una scrittura estatica della visione quale figurazione della fantasia immaginativa: l'atto della visione viene introiettato e inscenato come processo cognitivo, immaginativo e poietico a un tempo. Ne deriva un panorama di forme in divenire, di immagini dinamiche e metamorfiche, sfocate e fluttuanti, generate dal principio energetico del colore colto e trasformato dalla parola. In tale scrittura si genera una forma di pensiero che, nell'abolizione dei vincoli logico-razionali dell'impianto gnoseologico occidentale, rende manifesta la trasformazione interiore, emotiva e psichica determinata dall'esperienza artistica. Si tratta di una esperienza in grado di afferrare la segreta e invisibile trama di sensi non manifesti, intrecciati nella dimensione dell'invisibile, inteso come sfera di latenza dell'essere, catturato dalla fantasia e dall'immaginazione.