È un particolarissimo viaggio verso l'India, quello che il lettore ripercorrerà lungo le pagine indimenticabili di questo libro: il viandante è Hermann Hesse, lo scrittore che della riflessione sull'Oriente ha fatto il fulcro, il nutrimento stesso della propria opera. Il volume che qui si presenta ha un nucleo centrale, costituito dall'esperienza vera e propria del viaggio (1911), introdotto da alcuni racconti e completato da una sezione poetica in cui momenti e incontri del viaggio si aprono a squarci lirici. Se nei racconti l'occhio dello scrittore si posa assorto sui simboli, trasformando lo sguardo in visione e mostrandoci l'Oriente come dimensione dello spirito o come straniamento esotico, le pagine di viaggio descrivono episodi, personaggi e atmosfere della lunga avventura. Riviviamo, così, la scoperta di Ceylon e del suo straordinario paesaggio, il fascino delle isole indiane e delle foreste di Sumatra, la navigazione lungo i grandi fiumi e lo scorrere delle coste oceaniche (come si sa, Hesse lambì la penisola indiana senza penetrarvi realmente). Osserviamo la solennità arcana dei templi, il brulichio operoso dei quartieri cinesi, il contrasto fra la colonizzazione europea e i residui (spesso miracolosamente intatti) di una civiltà in declino, accostiamo, sui volti dei nativi, un modo diverso di sentire la propria vita e quella degli altri. Nelle poesie, poi, il dettato si fa di nuovo arioso, ampio e leggero, trasfigurando l'esperienza nella sostanza inafferrabile della parola. Ma sempre Hermann Hesse ci trasmette il senso di una preziosa iniziazione, il desiderio ineludibile di un decisivo apprendistato: quello di una nuova, più intensa spiritualità.