Lo chiamavano "il Quinto Beatle". Era affascinante, sfacciato, "bello come un attore di Hollywood", idolatrato dal pubblico femminile. Ma George Best era soprattutto sublime sul campo da calcio, con la sua grazia da ballerino e quei dribbling labirintici con cui stordiva i difensori e incantava i tifosi. Lanciandola con la punta del piede, era capace di infilarsi una monetina nel taschino della giacca. Una volta segnò due reti indossando uno scarpino solo. A ventidue anni, nel 1968, vinse il Pallone d'oro e realizzò un gol decisivo nella finale di Coppa dei Campioni, consegnando l'atteso trofeo nelle mani del leggendario allenatore Matt Busby, che intorno a lui aveva ricostruito il Manchester United dopo il disastro aereo di Monaco di Baviera. Quei trionfi segnarono però l'apice e l'inizio del declino di Best, dell'atleta come dell'uomo, risucchiato troppo presto nella spirale dell'alcolismo e di una spropositata celebrità. Basandosi su materiali d'archivio Hamilton ripercorre la parabola tragica del campione britannico, dall'infanzia nei sobborghi di Belfast alle imprese con la maglia dei Diavoli Rossi, fino alla sua prematura scomparsa, raccontandoci come un esile ragazzino irlandese sia riuscito a diventare, nel giro di poche folgoranti stagioni, il calciatore più forte del pianeta.