Alfred Métraux è stato uno degli antropologi più significativi del Novecento. Il suo sguardo, condizionato dall'ossessione della perdita, lo ha indotto a un'"etnografia del salvataggio" mirata a fissare memoria, storia, lingua e religione di popolazioni e società indigene destinate alla sparizione, o all'omologazione, per effetto dell'incontro con la cultura occidentale. Tra i suoi studi più importanti spiccano quelli sulle popolazioni indiane del Sudamerica, sulla civilizzazione dell'Isola di Pasqua e sul vudù a Haiti. Nel Secondo dopoguerra ha lavorato alle Nazioni Unite e all'Unesco, occupandosi di scienze sociali e contrasto al razzismo, oltre che di progetti educativi e di sviluppo in veste di antropologo applicato. Lo studioso Métraux, però, non è stato altro dall'uomo Métraux, segnato da una sofferenza psicologica che lo avrebbe accompagnato sino alla tragica fine. Nel colto e dilaniato etnologo, formatosi alla scuola di Mauss e Rivet, opere e vita sono più che mai intrecciate.