«Nell'immaginario collettivo contemporaneo, la figura del serial killer è sempre stata associata a un criminale di genere maschile, tanto è che, ancora oggi, le produzioni cinematografiche e letterarie raramente ci propongono una donna quale autrice di delitti seriali. Del resto, fino a non molto tempo fa, nemmeno gli esperti delle moderne scienze comportamentali applicate all'investigazione criminale, nate negli anni Cinquanta del XX secolo grazie allo stupefacente lavoro dello psichiatra James Brussel sul caso Mad Bomber, si sono più di tanto espressi in merito alla figura del serial killer al femminile. Invece, le serial killer donne esistono, sono sempre esistite e di questa verità, oggi, no dovuto prenderne atto anche gli investigatori, i criminologi e, soprattutto, i profiler. Ma perché le donne non sono così famose come i loro "colleghi" uomini? La risposta più probabile alla domanda riguarda le rilevazioni statistiche ufficiali sul crimine e i numeri reali. Nello specifico, la statistica criminologica sulla delinquenza violenta in generale evidenzia che le donne sono in numero grandemente inferiore agli uomini, ma ciò non significa che questo dato sia concordante con la realtà. Infatti, i delitti violenti commessi dalle donne sono assai meno prevedibili, impetuosi e plateali. In altre parole, crimini assai ardui da scoprire per gli investigatori e, ancor prima, difficili da evitare per le vittime. Circostanze che producono quello che, in criminologia, viene definito "numero oscuro", cioè quel numero di reati che non vengono denunciati e portati nelle aule giudiziarie». (Dalla prefazione di Massimo Blanco, Criminologo, direttore dell'Istituto di Scienze Forensi).