Spiegò a Susanna che ci voleva un appartamento adatto alla sua professione, e contro quella parete lui farà mettere lo specchio, là la sbarra. Potrai allenarti come vorrai tu senza cercare altrove. Non si deve mai pretendere la luna, ma qui abbiamo raggiunto il paradiso, non trovi? Una fetta del paradiso era il Toro. Adesso si chiamava Egri, e tuttavia sarebbe sempre stato, per lui e per gli altri, Erbstein l'ungherese. Il club l'aveva cercato ben prima che il cannone avesse finalmente taciuto in Europa. Una famiglia della borghesia magiara giunge a Torino nell'estate 1938. Ern? Egri Erbstein, il giovane padre, è un tecnico del calcio dal brillante avvenire, in autunno però devono tutti e quattro scappare dalle leggi razziste imposte dal fascismo. Esistenze fragili sballottate in un mondo diventato d'un tratto ostile. L'irraggiungibile Olanda, la Germania nazista pullulante di stelle gialle, poi la Budapest dai quartieri eleganti. Otto anni dopo, finita la tempesta, le forze si rinnovano e riprendono il viaggio in senso inverso. Giungono in una città devastata. Di nuovo Torino. E il Toro, anzi, il Grande Torino.