Nel 1915 il tentativo di Ernest Shackleton di attraversare il continente antartico fallì prima di cominciare: la sua nave, Endurance, finì intrappolata tra i ghiacci del Polo Sud, i suoi uomini furono costretti a combattere una strenua battaglia tra la vita e la morte in uno dei luoghi più inospitali del pianeta, lontanissimi da ogni possibilità di soccorso. La sopravvivenza in condizioni proibitive e il salvataggio finale saranno ricordati come una delle imprese più epiche e inimmaginabili mai realizzate, e Shackleton guadagnò una fama più duratura di quella che gli avrebbe consegnato l'effettiva conquista dell'Antartide. L'aura mitica che circonda quella sfortunata spedizione non ha mai smesso di essere d'ispirazione, per esploratori che ne hanno ricalcato le orme e narratori che l'hanno ricordata in tutte le forme: Ranulph Fiennes ne offre qui un racconto da un punto di vista personalissimo e privilegiato, data la sua esperienza diretta in inferni simili: «nessuno dei biografi di Shackleton ha mai trascinato una slitta stracolma tra i pendii costellati di crepacci del ghiacciaio Beard - more, né attraversato distese glaciali ignote all'uomo, né marciato con i piedi in cancrena per migliaia di chilometri, a enorme distanza dal mondo civilizzato». Fiennes l'Antartide l'ha sfidata davvero, e da questa prospettiva ci descrive l'uomo, l'avventuriero, il sognatore, il leader: una rivalutazione e un addio, sospesi nella zona d'ombra che divide la storia dalla leggenda.