«Innumerevoli sono gli scrittori che, nel corso del Novecento, sono sopravvissuti a terrore di Stato ed epurazioni, con tutte le ambivalenze morali e politiche che questo ha comportato. Ma come sono andate davvero le cose? Erano forse troppo saldi per capitolare di fronte al potere? Devono la sopravvivenza alla loro accortezza o piuttosto alla loro intelligenza, alle loro conoscenze o alla loro abilità tattica? Sono scampati alla prigione, al campo di concentramento o alla morte per via di fortunate coincidenze che rasentano il portentoso o grazie a strategie che spaziano dalla ruffianeria al camuffamento?» Certo, i posteri sono svelti a trinciare giudizi, definendo gli uni «vigliacchi, approfittatori, imboscati od opportunisti» e tributando ad altri ammirazione per la loro fermezza. Ma il panorama è troppo variegato per ogni distinzione manichea. Mentre a proteggere taluni scrittori era la fama internazionale, ci fu chi optò per un'esistenza isolata e poco appariscente. Certi riuscirono a emigrare, seppure talvolta con esito fatale. In tanti poi si tolsero la vita. Fra i molti che sopravvissero, Enzensberger ne sceglie sessanta e, in altrettante «vignette letterarie» - da Gabriele D'Annunzio a Gor'kij, da Gertrude Stein a Fernando Pessoa, da Sartre a Gabriel García Márquez - , ne fornisce brevi ritratti caustici e personalissimi.