Nonno Pietro non ha mai voluto parlare con nessuno dell'esperienza della guerra, né con la moglie, né con i figli, ma con me era diverso... quasi ogni giorno gli chiedevo di farmi vedere le fotografie della guerra. Dopo aver sottolineato, e voleva che lo tenessi bene a mente, di non aver mai utilizzato le armi iniziava a raccontare... Poi ricevo da mia nonna il diario ed iniziando a leggere provo una sensazione che non è facile descrivere: il nonno ha 28 anni e 10 mesi nel momento in cui inizia a scrivere, esattamente la stessa età in cui io inizio a conservarlo e studiarlo. Ho deciso di leggerlo, studiarlo incrociandolo con le fonti bibliografiche "ufficiali" e la diaristica scegliendo di mantenermi fedele al suo modo di scrivere. Era scolarizzato fino alla sesta elementare e il suo linguaggio, semplice e quotidiano è ricco di francesismi (il dialetto di Cilavegna, al confine con il Piemonte, è molto simile al francese) e di "errori" grammaticali che ho volutamente conservato. Il suo diario consente di vedere la vita dei soldati da un punto di vista meno consueto rispetto ai diari ed alla memorialistica più nota: la vita quotidiana delle retrovie tra difficoltà e paura.