Carmelo Clemente, classe 1904, fu un partigiano nato a Marineo che dedicò la propria vita alla Resistenza contro il nazifascismo. Fu emarginato, espulso, imprigionato e infine accusato di essere una spia dell'Ovra (la famigerata polizia politica organizzata da Mussolini per reprimere l'antifascismo). Il suo "caso" propone un importante stimolo di riflessione su un diverso e poco frequentato versante storico: quello del conflitto ideologico combattuto all'interno della Resistenza e, in particolare, all'interno della Sinistra resistenziale. Sì, perché anche all'interno delle organizzazioni partigiane ci furono scissioni, scontri e ostilità che la storia ufficiale spesso non racconta, ma che cambiarono il corso di molte vite. Quella del Clemente fu una di queste, un uomo che rinunciò agli affetti familiari, che si spostò nel nord Italia, in Francia e in Argentina, cambiando identità, vivendo di stenti, ma sempre in prima linea nel Comitato di Liberazione Nazionale. Nonostante tutto e tutti, subendo l'ingiustizia più grave che mai uomo del suo valore potesse pensare di ricevere. L'autore racconta l'odissea del partigiano Clemente con una rigorosa documentazione recuperata rovistando negli Archivi di Stato e di Fondazioni culturali, nonché setacciando una copiosa bibliografia per rappresentare il dramma ideologico vissuto da una parte di quegli uomini e quelle donne che decisero d'intraprendere il lungo viaggio verso la libertà.