Il testo de "Il breviario blu", redatto quasi interamente nell'estate del 1942, né completamente frammentario, né pienamente aforistico, fluisce per corsi variegati e talvolta vertiginosi, tra lo sparso e l'unità. Si percepiscono letture, incontri, sempre intimamente mischiati, per il viaggiatore immobile, alla scrittura: tracce di libri, di sguardi sul mondo, cenni di sogni, fugaci allusioni d'incipienti amori. Il tono d'oltre tomba di queste pagine segna la distanza da una qualsiasi elaborazione letteraria o illusione narrativa. Nell'abolizione di se stesso, il soggetto è parlato attraverso la propria morte. Scrivere è un gesto legato all'"esperienza della morte". Da tale esperienza, Joë Bousquet ha potuto dirsi nel corso de "Il breviario blu": "La mia morte attende che io sia entrato nella mia vita".