«Tanto lavoro e pochi soldi, non c'era tempo per disfare nessuna tela: in questa storia non ci sono Ulissi né Penelopi.» Una madre sarta che resta a casa con i figli, un padre camionista che deve lasciarli per settimane. È la famiglia di José Henrique Bortoluci, Telemaco brasiliano che si confronta con il padre Didi, viaggiatore di mestiere, per capirne il mondo e sciogliere l'enigma di un uomo che gli è sempre sfuggito. Tra i due le distanze sembrano incolmabili, quella tra un pensionato dopo settant'anni di duro lavoro e un giovane che insegna all'università - primo della famiglia che ha potuto studiare - ma anche tra il Brasile degli anni Settanta, una terra selvaggia che la giunta militare vuole colonizzare, e quello di oggi, un paese ferito. Del mondo di Didi restano solo le storie: le fughe dai banditi e dalla polizia per salvare carico e compenso nell'«inferno verde» dell'Amazzonia, le traversate dei fiumi su guadi improvvisati, gli sterrati del cerrado dove il camion può essere inghiottito da un formicaio, i viaggi notturni in cui bisogna guardarsi dall'arrivo degli ufo. Insieme a lui, i suoi colleghi della strada, cachaça in mano e pelle scottata, che il lavoro logorante ha reso ingranaggi inconsapevoli nella macchina dello sviluppo brasiliano, pedine di un capitalismo predatorio che abbatte le foreste e spoglia i territori e che diventa metafora del cancro, la malattia diagnosticata di recente a Didi. "Sulle strade di mio padre" è una testimonianza toccante e delicata di amore filiale, un'indagine rigorosa sulle vene aperte del più importante paese dell'America Latina attraverso la storia avventurosa di un uomo comune che lascia al figlio un paese sconvolto e una vita migliore.