La figura complessa e per molti versi affascinante di Giosuè Carducci (1835-1907) viene attentamente delineata in queste pagine a partire da un'analisi puntuale dei suoi scritti e della sua biografia, dagli anni giovanili passati in Lunigiana e Maremma fino all'approdo, ancora giovanissimo, a Bologna, dove insegnò Letteratura italiana e Filologia romanza all'Università. Poeta, professore, filologo, uomo pubblico dell'Italia risorgimentale, egli resta ancora oggi un personaggio più frainteso che letto. Nel libro viene approfondito in particolare il rapporto tra la sua indole rivoluzionaria, sdegnosa e solitaria, e la società di transizione tra Ottocento e Novecento, che egli visse e interpretò in tutte le sue laceranti contraddizioni, e di cui la vastissima produzione poetica e saggistica rappresenta una specie di mappa aperta e per certi versi ancora largamente incompresa. Lontano dagli stereotipi critici che hanno appiattito e museificato, a partire dalle antologie scolastiche, l'immagine di Carducci, l'autore restituisce qui il profilo di un poeta e prosatore sfaccettato e inquieto, non di rado notturno e umbratile, irriducibilmente anarchico e libertario, e sempre attuale in quanto fieramente inattuale: un poeta europeo in bilico tra slanci polemici e rèverie crepuscolare, a cui Nietzsche pensò di affidare la diffusione dei propri scritti polemici e anticlericali.