Il libro racconta la vita di don Di Liegro, e la sua passione sconfinata per il Vangelo e per coloro che nel Nuovo Testamento sono definiti «beati»: i poveri in spirito, i miti, coloro che hanno fame e sete della giustizia. Più che sulle battaglie sociali, i gesti eclatanti, le parole perentorie del prete di Gaeta (romano d'adozione), l'Autrice, L. Badaracchi, ne sonda il mondo interiore, le motivazioni che lo spingevano continuamente ad andare controcorrente, a essere radicale e libero. Perché i semi da lui gettati (basti guardare alla Caritas diocesana di Roma) avevano avuto una gestazione lenta, faticosa e spesso non erano stati accolti con favore: basti ricordare l'opposizione dei Parioli, quartiere romano benestante, all'apertura sul territorio della casa famiglia «Villa Glori», progettata nel 1987 per accogliere i malati di Aids. A dieci anni dalla sua morte, quel prete che «si sporcava le mani» parla ancora, ma non tanto per i luoghi commemorativi o le sue scarne, rare parole. Forse per quel suo sguardo che arrivava lontano, puntando in alto, insieme ai gesti profetici che avevano il sapore del Vangelo. Una testimonianza che rappresenta uno stimolo e un pungolo per ogni credente, e un interrogativo per tutti. Il libro si avvale della prefazione di Goffredo Fofi.