Lo conoscono tutti Aldo Agroppi. Centrocampista, bandiera del Torino, poi allenatore, poi commentatore sportivo. In campo era un lottatore, uno che non mollava mai, fuori dal campo si è costruito la fama di non avere peli sulla lingua, di non avere paura di dire la sua. Anche contro i potenti. Ora torna con una sorta di autobiografia che entra a gamba tesa nel mondo del calcio moderno. Frammenti un po' personali e un po' (tanto) provocatori, dove Agroppi rievoca con nostalgia gli anni da giocatore e da allenatore, e ricorda campioni e uomini veri dello stampo di Lido Vieri, Scirea, Valcareggi, Edmondo Fabbri. In un accostamento a volte polemico con i divi del football di oggi. Ma non solo. Agroppi con la sua penna al vetriolo, senza censura e senza nascondere le fragilità che lo hanno costretto a lasciare anzitempo i campi da gioco, spazia su temi caldi della società odierna, dalla politica alla cultura al costume, regalandoci squarci empatici della sua vita di uomo e di professionista del pallone. E, soprattutto, non perde occasione per fare dichiarazioni d'amore alla sua squadra del cuore, il Toro, di cui ha indossato con orgoglio la maglia e pure la fascia di capitano. Parole vere, sincere, spesso fuori dal coro, di un uomo che ha fatto della schiettezza il suo grido di battaglia.