Villafranca d'Asti, agosto 1944. Luigi Capriolo, comunista e capo partigiano, viene impiccato dai tedeschi dopo essere stato a lungo torturato. Ha quarantadue anni, dodici dei quali trascorsi fra il carcere e il confino per la sua lotta antifascista. Per le circostanze della sua morte e per le vicende che la precedono, Luigi Capriolo può essere definito un autentico eroe della Resistenza, anche se un eroe senza medaglie, perché una medaglia non la riceverà mai. Eppure pochi come lui ne avrebbero avuto titolo. Ciò che più colpisce nella sua biografia è la continuità tra l'impegno nella lotta antifascista - nella legalità e semilegalità, nella clandestinità, perfino nelle forme praticabili in carcere - e la partecipazione diretta alla Resistenza, fino all'estremo sacrificio. Capriolo è un comunista convinto e totalmente dedito alla causa, ma non è un settario: il suo è il volto di un comunismo non arcigno, affascinante nel suo rigore morale, in particolare per gli intellettuali che avvicina - da Antonio Giolitti a Ludovico Geymonat, da Ada Gobetti a Norberto Bobbio - e sui quali lascia un'impressione profonda. Alla sua vita pubblica si accompagna una tormentata vicenda privata: Livia, suo unico amore, è manovrata - forse inconsapevolmente - dalla polizia politica fascista, e dopo la Liberazione si scoprirà essere stata una delatrice dell'OVRA. La storia umana e politica di Luigi Capriolo, accuratamente ricostruita da Aldo Agosti e Marina Cassi nel saggio introduttivo, rivive nel racconto diretto dello stesso Capriolo attraverso il diario tenuto dal 26 luglio al 16 ottobre del 1943, quando viene arrestato una prima volta dai tedeschi, e la relazione al Partito comunista in cui descrive le inumane torture subite in carcere e, quasi per istruire i compagni che subiranno la stessa sorte, la sua lucida strategia di resistenza.