Due gemelli, l'inizio e la fine, che baluginano dal trapezio come meduse azzurre, veggenti di un futuro senza luce. Un suicidio, dapprima inspiegabile, che appare via via il primo tassello di un puzzle da cui tutti i colori sono stati risucchiati. La storia di Tania, Gwenna e Ferdinand si dipana con la surrealtà di una fiaba, tra zuppe speziate e tripudi di stoffe dai mille colori. A bordo di una carrozza gitana, sulle note vibranti di un violino, le piccole vite dei tre protagonisti si annodano in una sorta di stramba famiglia, per riuscire a tirare avanti in un'esistenza che, per quelli come loro, comincia a farsi sempre più stretta. Il mondo verrà infatti presto sconvolto, schiacciato dal macigno della Seconda Guerra Mondiale. Catturati, caleranno in un limbo di dolore e privazioni, nell'indifferente vastità del campo di concentramento di Auschwitz. Un destino che solo un amore più grande dell'odio potrà cambiare. Il romanzo oscilla tra la dolcezza della favola e l'orrore del Porrajmos, il "divoramento" in lingua romanì, uno sterminio per cui nessuno ha mai pagato.