È la notte tra il 24 e il 25 luglio 1938 e sta per cominciare la battaglia dell'Ebro, la più sanguinosa mai combattuta in terra spagnola. L'XI Brigata Mista dell'esercito repubblicano attraversa il fiume per stabilire una testa di ponte a Castellets del Segre; nei pressi del paese, mezzo battaglione di fanteria, un tabor marocchino e una compagnia della Legione Straniera difendono la zona. Sono uomini e donne, in larga parte giovanissimi, che per fare i soldati hanno messo in pausa la vita. Come Patricia Monzón, addetta al reparto trasmissioni, che tra una spola e l'altra per sistemare telefoni incontra una carezza d'amore; come Ginés Gorguel, falegname di Albacete, che si rolla una sigaretta e intanto medita di passare al nemico; come il sottotenente Santiago Pardeiro Tojo, vent'anni appena, ex studente di Ingegneria Navale, che prima della sparatoria fa l'occhiolino ai suoi uomini per mascherare la paura. Combinando finzione e dati storici, Arturo Pérez-Reverte ci porta tra i valorosi che affrontarono quei giorni: un unico, ininterrotto movimento di camera tra i due fronti che di volta in volta inquadra smarrimenti e sorrisi, obbedienze e ostinazioni ideologiche, l'odore immobile della morte e addirittura il miracolo di una vita che viene al mondo. "Linea di fuoco" è un'apnea, una discesa ripida nello squallore monotono dei fucili ricaricati a ritmo continuo, affidata a un coro di voci indimenticabili, quelle dei nonni e delle nonne, dei padri e delle madri che hanno fatto la storia della Spagna odierna.