Settembre 1942-maggio 1943: è l'intervallo entro cui si svolgono le vicende raccontate da Giuseppe Berto nel suo «diario di guerra». Il protagonista, scapigliato capo manipolo in camicia nera che anima questo diario, è un ben strano volontario che parte a tutti i costi per l'Africa, salvo confessare subito la sua «profonda avversione per le divise». Il resoconto di quei mesi trascorsi sotto il cielo africano, della lunga, estenuante attesa del combattimento e dello scontro, è al tempo stesso un'opera fedele e realistica e un romanzo di pura invenzione riconosciuto dall'autore stesso come il «libro spartiacque» nel suo itinerario di scrittore. A queste pagine Giuseppe Berto affida il proprio senso di colpa per la partecipazione alla guerra, ma anche per l'adesione al regime; cosa di cui egli continuerà a parlare con estrema sincerità e onestà intellettuale, nonché con lo spirito da bastian contrario che lo caratterizza, sempre stupendosi per tutti quelli che, da un secondo all'altro, passarono dal fascismo alla parte opposta della barricata. All'insofferenza per la struttura gerarchica dell'esercito che, insieme alla critica appassionata e mai servile al fascismo e alla formulazione/messa in atto delle strategie belliche, caratterizzano le prime pagine di Guerra in camicia nera, seguono i drammatici momenti di battaglia, morte e prigionia che appartengono, inevitabilmente, a tutte le guerre.