Sperimentazione, performance e narrazione. Sono solo alcuni dei possibili indizi che consentono di decifrare l'eterogenea produzione artistica del bolognese Nino Migliori, classe 1926, raccontata in Nino Migliori. Una ricerca senza fine. Nel volume, edito da Marsilio Arte in occasione dell'omonima mostra itinerante che ha come prima tappa il Castello Estense di Ferrara, il direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia Denis Curti ripercorre l'arte e la carriera di Nino Migliori. Il curatore descrive la parabola creativa del fotografo e ne inserisce l'opera in un contesto storico, artistico e sociale. Lo fa rappresentando graficamente la sua produzione attraverso nove mappe concettuali che aprono le rispettive sezioni del catalogo: Caso; Dispositivi; Esplorazioni: Materia-Tempo; Esplorazioni: Segno/Scrittura - Corporeità; Installazioni; Luce; Luoghi non luoghi; Ritratti - Autoritratti; Sperimentazione - Gesto. Ogni mappa include l'elenco dei lavori di Migliori afferenti a quella sezione, ed è accompagnata da una serie di parole chiave che richiamano le suggestioni fondanti per l'artista. «Il tentativo classificatorio in generi è risultato ogni volta instabile, frammentario e incompleto» spiega Curti. «Migliori ha sempre agito con un obiettivo unico e irrinunciabile: spostare sempre più in là i confini della fotografia, riscrivendo di continuo la grammatica delle immagini, aprendo e legittimando filoni di indagine prima di lui sconosciuti». Variando abitualmente linguaggio e tecnica, l'arte multiforme di Migliori è passata dal realismo all'informale attraverso fotografia, installazioni, pittura e scultura. L'artista riesce a sfruttare l'espressività intrinseca alla fotografia e all'arte, liberandole dagli schemi precostituiti. Migliori comincia a fotografare a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta. Dopo un esordio caratterizzato da uno sguardo neorealista, si dedica come un regista allo studio di ogni singolo scatto, avvicinandosi alla cosiddetta staged photography. Ancora poco noto in Italia, questo approccio «segna il primo tentativo di aprire e ampliare i confini della fotografia con risultati sorprendenti», come dimostrano le serie dei Muri e dei Manifesti strappati. Ricco di contaminazioni formali, fotografiche e pittoriche derivate dagli incontri con personalità quali Emilio Vedova e Peggy Guggenheim, Migliori coltiva un linguaggio espressivo poliedrico e variegato, rendendolo la sua cifra stilistica.