Le lettere e gli scritti di Gustave Courbet (1818-1877) - l'esponente più autorevole del movimento realista in pittura, e l'ardente rivoluzionario che pagò con la prigione e l'esilio il suo sostegno alla Comune del 1860 affogata nel sangue dalle forze reazionarie - sono magistralmente tradotti da Ernesto Treccani, originalissimo pittore e fine letterato, che scrive: «Sono molti gli artisti, i critici e gli scrittori, contemporanei e posteriori a Courbet, che non gli hanno mai perdonato d'esser stato un comunardo, di aver difeso la libertà repubblicana, di aver lottato e pagato per questo. Sono passati gli anni, e la gloria di Courbet si è fatta più grande: la sua arte ha finito con l'imporsi a tutti, il suo vigoroso realismo, a tanta distanza di tempo, ha finito con l'essere universalmente accettato e osannato. E tuttavia l'ostilità verso Courbet continua; non c'è occasione infatti di cui certa critica non approfitti per rimproverargli le sue tesi tendenziose. Tale critica, in sostanza, non potendo più abolire l'opera del Maestro di Ornans, cerca almeno di abolire l'uomo Courbet, di abolire la sua vita e tutto ciò in cui egli ha creduto e per cui ha lottato e duramente pagato. In altre parole fa l'elogio dei quadri rifiutando le ragioni per cui quei quadri meravigliosi sono nati, e le idee, le passioni, gli ideali di cui sono nutriti». Idee, passioni e ideali di cui sono intrisi gli scritti e le lettere che qui presentiamo. Con uno scritto di Deianira Amico.