Jean Clair insorge con veemenza contro la debolezza delle attuali politiche culturali, avide di affittare le collezioni nazionali - quello che il diritto canonico aveva denominato simonia, la volontà di comprare o vendere un bene spirituale a un prezzo temporale. La politica del Louvre ad Abu Dhabi, conclusa in tre mesi e programmata su un arco di trent'anni, ne è l'esempio più costernante, un "progetto dissennato che è solo la manifestazione più spettacolare di una trasformazione radicale in corso ovunque in Europa in nome della redditività dell'arte". Questa deriva museale rivela innanzitutto una crisi di identità, una noia o una pigrizia di fondo, un'accidia che Jean Clair definisce con passione e con sapienza, in una lingua superba. "La deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna-park... I musei stanno diventando cenotafi, involucri vuoti, le cui collezioni sono in giro per il mondo. Per ora in affitto, ma presto potrebbero anche essere messe in vendita... una situazione che snatura radicalmente il progetto iniziale del museo".