Il saggio indaga alcuni esempi di spolia, reimpiego e restauro nella scultura del Quattrocento tra Firenze, Lucca, Pisa, Rimini e Perugia un'attività non marginale delle botteghe degli scultori che riguardò le opere di committenza laica e religiosa. Oltre i casi noti di Mino da Fiesole e Verrocchio, questo scritto, attraverso l'analisi di alcune opere sulle quali intervennero, impiegando materiali di spolia o restaurandole, Donatello, Buggiano, Andrea Guardi, Agostino di Duccio, Leonardo del Tasso, Francesco di Valdambrino e Matteo Civitali, permette di acquisire un profilo su una pratica operativa connessa alla rilavorazione dell''antico' e all'aggiornamento liturgico o civico-simbolico delle sculture: aspetti che assieme al tema della conservazione delle opere si intersecano con le tecniche artistiche, la storia della committenza e del collezionismo.