Nel 1953, Georges Bataille, uno dei più originali pensatori francesi del Novecento, si reca nel Sud della Francia, per osservare le "miracolose" pitture paleolitiche della caverna di Lascaux, laddove il gioco libero dell'arte, con la sua capacità di evocare simbolicamente il tempo perduto ma impossibile da dimenticare, ha permesso all'uomo di violare l'ordine da lui imposto alla natura e di tornare temporaneamente al mondo dell'animalità. Tuttavia, se le tracce lasciate dai pittori della grotta hanno la forza di commuoverci per la loro familiarità, al tempo stesso rimangono enigmatiche e distanti. È con questa percezione paradossale dell'evidenza nel cuore dell'oscurità - sperimentata da Bataille di fronte alla bellezza sotterranea delle pitture rupestri - che Giuseppe Armogida si confronta in questo saggio, ritornando a Lascaux, dove non siamo mai stati.