È una storia singolare, e probabilmente unica, nelle ricerche sui costumi popolari italiani. Il costume procidano si sfoglia come un libro di sete e decori e costituisce la documentazione più completa di una storia che affonda nelle civiltà pre-fenicie di tremila anni fa, fin dall'abbigliamento delle sacerdotesse cretesi, e prosegue con il Medioevo islamico che usava l'oro africano come moneta corrente. Non tutti sanno che l'oro veniva filato per decorare gli abiti delle alte gerarchie ecclesiastiche, militari e di stato in tante manifatture del Mediterraneo per poi produrre il 'rakam', il prezioso manufatto di origine orientale che decorava con il ricamo in oro, filato a Procida dalle sterline dei noli marittimi fino all'Ottocento, l'abito di rigoroso taglio orientale indossato dalle donne di Procida. Anche le sete sgargianti che lo compongono vengono da lontano, dall'India, dalla Cina, recate dai marinai/armatori/mercanti per celebrare il ruolo carismatico delle donne che in loro assenza gestivano l'isola in tutte le sue necessità. La sua conformazione geografica e la posizione strategica hanno sempre destinato Procida a costituire porto, darsena, cantiere ed emporio dove si sono incontrate religioni, lingue e culture attraverso un mare che non l'ha mai isolata, ma al contrario l'ha aperta al mondo.