«Non ricordo esattamente quando ho iniziato a disegnare, ma sono sicuro di aver preso la matita in mano ancor prima di assumere la posizione eretta. Da allora non c'è stato muro, lavagna, pavimento, foglio di carta che sia sfuggito a un'attività che ignoravo si potesse etichettare come meditazione o esperienza zen. Concetti quali flusso auto trascendentale, perdita del sé attraverso l'immersione/fusione completa nell'azione, mi sono diventati familiari assai presto. Un atteggiamento non facile da comprendere, persino allarmante, per chi non lo ha mai provato. Certo apprezzavo saltare e arrampicarmi, sbattere qui e là per la stanza, ma improvvisamente davanti a un foglio bianco andavo in trance. Partivo a cavallo dei lapis e riportavo ciò che avevo visto su quaderni a quadretti, trasformati in mappe dei miei viaggi, infarciti di segni e arabeschi, fronte e retro.» (Matteo Guarnaccia)