Se tra le rovine, lasciate a loro stesse, ci sentiamo in un tempo sospeso, «fuori dai cardini», e a guidare il nostro cammino sono disorientamento, scoperta e sorpresa, una tale esperienza oggi non è più possibile nei parchi e nei siti archeologici più celebri, ottimizzati per lo sfruttamento turistico. Percorsi obbligati sono progettati per ridurre la permanenza dei visitatori; pannelli, mappe, audioguide comunicano una descrizione immediata del manufatto con informazioni che saturano la visita senza lasciare spazio a riflessioni e rielaborazioni individuali. Nei casi migliori, i resti si sono trasformati in luoghi della memoria, documenti di un tempo passato e oramai inaccessibile. Nei siti archeologici musealizzati non c'è più spazio per contemplazione, per il disorientamento, per il vagare senza meta e senza scopo e da queste esperienze fisiche far emergere un'emozione, dalle interazioni con il luogo far affiorare un interrogativo.