«Troviamo di tutto nella nostra memoria», scriveva Proust, come se i ricordi fossero oggetti concreti, riposti in una Wunderkammer personale, alla quale accedere con sorpresa e meraviglia. Ricordi quasi fisici, come quelli che Giuseppe Davanzo ci racconta in questo libro. Frammenti, note autobiografiche, pensieri "a margine" della sua professione ne illuminano la personalità e la vicenda umana, e raccontano il protagonismo dell'Architettura come mestiere, come insegnamento, come disciplina. Dal rientro a casa dopo la prigionia in Germania nel 1944 fino al buen retiro della casa di Santa Croce a Trieste; dai primi esami allo IUAV a un memorabile viaggio in Spagna al seguito di Carlo Scarpa; dalla progettazione del Foro Boario di Padova all'allestimento di una mostra su Arturo Martini; e poi l'insegnamento, la famiglia, i viaggi, la fotografia, la scrittura... Rendendoci partecipi delle proprie esperienze umane e professionali, Davanzo solletica tanto la memoria culturale quanto quella della pratica architettonica. Se è vero che non esiste distanza tra vita e architettura, e che fare l'architetto è essere architetto, il racconto di Giuseppe Davanzo ce lo dimostra.